[ Recensioni / Reviews ]

 

HALL OF MIRRORS: Reflections on Black (CD 2007 - Silentes)

 

Hall of Mirrors is a new musical project formed by Giuseppe Verticchio (Nimh) and Andrea Marutti (Afeman, Amon...). The music is in the similar vein to the respective works from these two italian artists. Consequently it provides a handful of dense, droney, shimmering electronic sequences that dissipate into distortion and black noises. The atmosphere is truly hypnotic and dreamy, sometimes offering subtle, fragile minimalist melodic fragments for e-guitar. Entrance opens this mesmerising dark epic voyage with a playful, foggy and melancholic composition dominated by echoing guitar parts and fuzzy abrasive noises. Everything is floating into a deep space. Descent is an organic, tripped out industrial effervescence with cloudy, menacing continuous sound forms, guitar distortion that progressively turn into a moody electronic melancholia with a really absorbing atmosphere. Transmutation is an enigmatic, super abstract meditative piece built on an ocean of weird drones and noises. Recovery closes the album with a magnificant, plaintive, delicate e-guitar piece that transport the listener to some other place. Quite lovely and mysteriously invocative. This album must be regarded as a little classic in the serie of damaged, dreamy, emotional dronescapes. Highly recommend for fans of black minimal electronic epics of Organum, Andrew Chalk, Maurizio Bianchi. Anyone else can also have a listening because this album contain some of the most beautiful, expressive drones ever created in the last couple of years.
- Philippe Blache - Progarchives

La stanza degli specchi, la stanza del potere. Dove tutto può accadere ma ci si può trovare anche ad affrontare i pressanti dubbi che accompagnano la nostra esistenza. Immaginate cosa succederebbe se ci trovassimo tutti a dovere entrare da un ingresso occulto in quello spazio tra anima e corpo, se all'improvviso sentissimo urgente l'esigenza di riflettere in nero come se l'oscura solitudine e il sottile compiacimento di chi ha sempre sofferto chiedessero udienza. Amon e Nimh si sono posti queste domande e dai solchi digitali di "Sator" hanno esposto le loro idee in materia con un nuovo progetto che segna un passaggio fondamentale per l'evoluzione di un certo dark ambient. Le seguenti registrazioni risalgono a tre anni fa e hanno visto protagonisti oltre ai due autori anche Daniela Gherardi e Nefelheim. Una volta scalfita la ruggine di "Entrance" troverete ampi circoli melodici e rovine strutturali che si decompongono per poi subito ricomporsi in altre forme dalle quali non riuscirete più a liberarvi. "Descent" e "Recovery" i momenti più alti di un album da ascoltare a occhi chiusi per ore e ore finché i sensi si perderanno completamente.
- Divine - Dagheisha

In Hall of Mirrors confluiscono le forze di Andrea Marutti (Amon) e Giuseppe Verticchio (Nimh), in questo caso affiancati da Giulio Biaggi (Nefelheim) e Daniela Gherardi. "Reflections On Black" ha fascino discreto col suo piglio marcatamente meditativo, e nell'iniziale "Entrance" il nero del titolo dell'album suggerisce più pur lacerate visioni modellate dalla nostra psiche in immote notti imperturbabili ed insonni che incombenti oscurità che ci minacciano togliendoci oltre al sonno anche il respiro. Nella prima metà di "Descent" invece, dietro una minimale traccia melodica in superficie, si scatenano inesauste bufere e veleni metallici che lasciano emergere una più ruvida matrice industriale destinata a diradarsi nell'impalpabilità, con una sostanziale quiete che si espande altresì sui due episodi successivi, "Transmutation", che segue il percorso inverso increspandosi nel tragitto, e "Recovery", in cui piuttosto sorprendentemente la chitarra si erge sul resto e si concede apertamente ad un'emotività palesata come fragile.
- Paolo Bertoni - Blow Up

One of Verticchio’s long-time friends and colleagues is Andrea Marutti, head of the Afe imprint and a prolific force in his own right. Even though contact was established as far back as 2002, when “Frozen”, originally a privately distributed work, was absorbed into the Afe-catalogue, it took the duo until last year’s “Sator” to finally collude musically. That album, however, extended well beyond a friendly exchange of handshakes characteristic of most multi-member projects.and demanded a follow-up. It came in the form of “Reflections on Black” released under the alias of “Hall of Mirrors”, for which Verticchio and Marutti were joined by Giulio Biaggi and Daniela Gherardi on Synthesizers, Guitar and Voice, turning this into an Italian Sound Art Supergroup. In many respects, the album picks up on similar themes as “Sator”: The encounter between opaque drones and a clear harmonic language, between recognisable melodic patterns and haunting industrial depth as well as between moments of quiet beauty and stark noise is still recognisable and pieces still take a lot of time to develop: “Entrance”, “Transmutation” and “Descent” are all entwined around the fifteen-minute mark, allowing for full immersion.
On the other hand, “Reflections on Black” walks even more dauntingly on the verge of a clear-cut cross-over experiment. On “Descent”, glassy chords are mirrored by frosty clouds of convoluted tones, misleading the listener into a sensation of false safety, while “Transmutation” allows its romantic progressions to gradually merge with the fields of grey surrounding them. On final track “Recovery”, Verticchio plays plaintive broken chords on his mournful Guitar, closing the album with a wordless ballad. Again and again, he seems to falter, gaping holes opening up in the song’s texture, but he keeps returning, turning the composition into a fatalistic mantra of stumbling on without sense of direction or reason. Only finely rustling noises remain at the end - the journey over, the heart bleeding.
- Tobias Fischer - Tokafi

Credo che sia la prima volta che su Sodapop venga recensito un lavoro di Andrea Marutti e/o di Giuseppe Verticchio, visto che non si tratta proprio di due sbarbatelli alle prime armi, direi che se già non li conosceste con i loro nomi di battesimo si tratta di gente anche nota come Nimh, Amon, Never Known. Per quanto la collaborazione Amon/Nimh sia ancora fresca di stampa, esce a ruota quest'altro progetto intitolato Hall Of Mirrors e che vede nuovamente all'opera il "dinamico duo" anche se in "abito" diverso. Differentemente da quanto ci si possa aspettare questo disco è molto diverso da "Sator", non per nulla invece di usare i singoli moniker i due danno un nome vero e proprio al progetto. Dove il primo era più duro e monumentale, "Reflection On Black" è più dilatato ed a tratti persino melodico. Credo che più che parlare di dark ambient dovremmo parlare di musica ambientale con venature dark visto che anche se con le dovute differenze possa comunque essere inserito in un contesto più tipicamente ambient (anche se fino ad un certo punto). Un disco per nulla roccioso ma da superamento della "twilight zone" anche i titoli sono stringati perché c'è poco da interpretare: i suoni, i delay, gli echi in dissolvenza e le melodie sono fin troppo esplicite. Ma proprio i titoli tutto sommato possono rappresentare un buon appiglio per cercare di capire di che tipo di disco si tratti, infatti se l'apertura, cupa fin quanto volete, è ancora melodica, con "Descent" i rumori si fanno più distanti e monta un'atmosfera degna del migliore Carpenter, però niente incubi, la melodia ritorna anche in questo caso, ma non prima dello scorrere di alcuni minuti. Ribadisco non si tratta di un disco che può essere ascoltato da tutti, nonostante si distanzi dall'essere estremo come la precedente collaborazione (non per nulla forse esce su Silentes invece che su Eibon), le melodie ci sono e quando vengono fatte entrare non passano decisamente in secondo piano, ma sicuramente si tratta di melodie cupe. L'apertura alla luce ritorna con le due tracce conclusive in cui Verticchio e Marutti si lasciano andare alla loro naturale propensione per la musica ambientale ma non senza qualche intervento particolare in "Transmutation" (che per i miei gusti è anche la traccia meglio riuscita del disco) e nella malinconica "Recovery". Direi che oltre a trattarsi di un lavoro molto distante da Nimh/Amon, l'esordio di Hall Of Mirrors sia molto più virato verso la forma di colonna sonora, tanto che potrei quasi azzardare che si tratti di musica per documentari.
- Andrea Ferraris - Sodapop

After the mammoth Amon/Nimh CD on Eibon, Andrea Marutti and Giuseppe Verticchio are back with a collaborative project, which will feature different guests with every release (this time, they are Giulio Baggi/Nefelheim at synths and guitar and Daniela Gherardi at synth and voice). Since it's impossible not to use "Sator" as a reference, I'll start by saying that "Reflections on Black" obviously shares most of its characteristics, but is also looser, more varied and at times unpredictable. There's a feel of jamming that in the above mentioned work was hidden by the monolithic construction of the pieces. In "Entrance", the deep cavernous drones, dotted by electric bursts, give way to a half-buried string plucking, introducing a more melancholic passage, eventually overshadowed by a brooding distorted wall. "Descent" begins with suffocating wind gusts, but a layering of frequencies, upbeat rhythms and higher tones slowly changes the atmosphere from oppressive to cosmic, leading to a second part occupied by a liquid drone. "Transmutation" and "Recovery" stray even further from plain dark ambient territories, the former featuring warm waves of synths and guitar feedback, the latter with Verticchio lingering on depressive guitar picking, accompanied by some weird crackling noises (treated vocals, maybe?).
- Eugenio Maggi - Chaindlk

Torna, sotto diverso nome, la collaborazione tra due interessanti musicisti italiani: Giuseppe Verticchio (Nimh) e Andrea Marutti (Amon e Never Known): dopo l’interessante “Sator”, uscito per Eibon Records all’inizio dell’anno scorso, il duo stampa questo Reflections on black per la Silentes, etichetta nata dalle ceneri della Amplexus e dedita alle sonorità ambient ed elettroniche. Se la precedente collaborazione aveva dato vita a un disco che tentava (riuscendoci piuttosto bene) a dare un suono al senso di mistero che ci circonda, in questo nuovo progetto i due si lanciano, come si può intuire sin dal titolo, in un vuoto privo di luce, a sondare le profonde oscurità del nulla. Quattro lunghi brani, per quasi un’ora di sonorizzazioni oscure, durante le quali i due cercano di esprimersi evitando di farsi influenzare dagli stereotipi (che, non nego, se ben utilizzati possono pur sempre dare vita a risultati affascinanti) dei grandi classici dell’ambient oscura, preferendo sfruttare suoni bassi e profondi, che invadono la mente con idee legate al buio e allo spazio vuoto e profondo, miscelandoli con altri che mantengono sempre teso l’ascoltatore e che danno un senso di “movimento statico”, come se ci si trovasse a spostarsi in uno spazio talmente vuoto e privo di riferimenti da potersi rendere conto del movimento solo attraverso il suono. A questi momenti più tesi si alternano tratti più morbidi e tipicamente ambientali che permettono all’ascoltatore di riprendere fiato. Dai titoli (“Entrance”, “Descent”, “Transmutation” e “Recovery”), sembrerebbe quasi che il CD sia stato concepito come una sorta di rito iniziatico in cui l’ascoltatore viene trasportato, attraverso il percorso dell’oscurità, ad un processo di morte e rinascita, forse rappresentata dall’arpeggio di chitarra dell’ultimo brano.
- Gianluca Parenzan - Ver Sacrum

La seconda collaborazione tra Amon e Nimh prende il nome di Hall Of Mirrors e sfocia in Reflections On Black.
La varietà di soluzioni di Nimh arricchisce il sound minimale di Amon e la profondità di Amon rende più incisivo Nimh: un incontro sicuramente positivo. Per quanto - anche in questo caso - sia Andrea Marutti sia Giuseppe Verticchio stiano stretti dentro la definizione di dark ambient e per quanto - come fa l’etichetta Silentes - il collegamento a Lustmord sia forse troppo semplicistico, sarebbe disonesto non sottolineare quanto questo disco possa essere catacombale. Si parte con “Entrance”, i suoi echi, le sue percussioni secche e lontane e il suo finale scurissimo, con un intermezzo di chitarra dell’ospite Giulio Biaggi/Nefelheim che apre un momentaneo squarcio di luce. La prima metà di “Descent” è segnata da qualcosa che sembra il respiro infinito di non si sa quale creatura, che fagocita loop e campionamenti vocali: solo il suono tagliente e disturbante dei synth riesce a farsi strada. La seconda metà se ne libera e si solleva, coi synth che divengono molto più soavi. “Transmutation” passa (appunto) da “Descent” a rumore saturo/saturante, si presume realizzato con la chitarra elettrica di Giulio Biaggi (verrebbe da aggiungere quasi congiungendosi al drone doom dei Nadja, per ricordare a qualcuno che da altre parti certe soluzioni ci sono sempre state e a qualcun altro che certe affinità esistono). Chiude in poesia “Recovery”, con Giuseppe Verticchio a disegnare una melodia semplice e malinconica di chitarra, mentre un rumore di passi ci conduce idealmente fuori dal disco.
- Fabrizio Garau - Audiodrome

Il peso specifico dell'oscurità. Se il progetto Amon/Nimh viveva di sangue e terra lanciate alla ricerca dell'indefinibile attraverso il CD 'Sator', la nuova forma artistica del duo Giuseppe Verticchio/Andrea Marutti assume sembianze meno misteriche e relativistiche per addentrarsi nell'oscurità e scrutarne il senso. Così, lo sprofondare di 'Sator' nelle viscere della creazione lascia il posto alla tentazione di dare un nome alle tenebre non per carpirne i segreti, ma per chiamarla letteralmente per nome. Una riflessione in confidenza con un interlocutore ostico, secolarmente prodigo di mutismo e così divertito dal celare un immaginario perlopiù inesistente ma tremendamente rilevante. Questo è a mio avviso lo scopo di 'Reflections On Black', nuovo lavoro che esce a distanza di poco tempo dal precedente connubio artistico. E' il tentativo di dare parola ad un concetto privo di materia, senza corpo, ma in grado di condizionare la vita pur non esistendo. L'oscurità è prima di tutto una proiezione di noi stessi dentro cui raffiguriamo tutte le paure, la stanchezza di esistere e, soprattutto, diversamente, un luogo dove rifugiarsi, curarsi, lontano dalle insidie della modernità. Ed i quattro movimenti presenti nel disco la stratificano, la sezionano fino a farla diventare un unicum filosofico finale che non pretende di dare né cerca risposte, solo essere compreso. La strumentazione è tipica del genere, via di synth, montaggio audio, effetti, tapes etc. con una inaspettata, malinconica chiusura, "Recovery", affidata principalmente alla chitarra elettrica: forse il momento meno ispirato - comunque penetrante - a causa di un ripetersi perpetuo di arpeggi che alla lunga non scuote come nei precedenti movimenti, quelle mete obbligate così intense e tattili. Come sentirsele addosso, come se cercassero di entrarti sotto pelle, farti sentire l'oscurità in tutta la sua dimensione mentre dispensa velate ma percettibili melodie che si struggono da sole all'inverosimile. Non un lamento, ma un canto. Non disperato: consapevole della sua essenza. Gli Hall Of Mirrors tracciano le condizioni per arrivare ad un Nirvana a rovescio dove l'illuminazione non la si raggiunge distaccandosi dalle cose del mondo terreno, ma introiettandosele. Perché il buio aiuta a vedere le cose come realmente sono.
- Andrea "Emo" Punzo - Hardsounds

La dark ambient si evolve. Quando ebbi occasione di recensire l’ottimo “Sator” ad opera all’incirca degli stessi autori (ma accreditato a nome Amon & Nimh), lodai il lavoro fatto dai due autori (che peraltro sono cari amici miei, lo ripeto a scanso di accuse di parzialità, del tutto lecite). Ebbene ora, a due colpevoli mesi di distanza da tale recensione, mi pento di quanto ho scritto. Certamente avrei valutato con più severità il pur ottimo (sempre nel suo genere) lavoro su Eibon, se avessi avuto modo di sentire questo più pulito, meno cupo e più variegato disco. Forse la presenza aggiuntiva di Giulio ‘Nefelheim’ Biaggi (nonché della Gherardi, però già presente in “Sator”) potrebbe aver influito nello smussare alcune asperità dei compari, e facendo guadagnare sul lato della melodia. Fatto sta che “Reflections in Black”, pur essendo per natura del genere molto cupo e di difficile ascolto, si sviluppa in modo molto gradevole, forse avvicinandosi ai dischi solisti di Andrea Marutti come Never Known, e (dopo un transito in territori quasi noise) chiudendosi splendidamente sulle note sognanti della chitarra di Verticchio. Forse un disco dark ambient che potrebbe piacere anche ai non amanti del genere che volessero azzardarsi a conoscerlo.
- Matteo Uggeri - Sands Zine

 

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