[ Recensioni / Reviews ]
NIMH: The Missing Tapes (CD 2007 - Silentes)
Il materiale contenuto su “The Missing Tapes” è il frutto di diversi viaggi in Thailandia avvenuti tra il 1994 e il 2005. Durante questi viaggi Nimh ha registrato i suoni dei mercati, dei templi, dei villaggi, delle barche e delle spiagge incontaminate. Su questi field recordings ha poi costruito le sue improvvisazioni. Giuseppe Verticchio ha letteralmente trasformato una dozzina di strumenti tradizionali - soprattutto a corda ma anche diverse percussioni, un flauto e un organo a bocca - , suonandoli con un'attitudine molto poco ortodossa, decisamente psichedelica. Nel suo studio romano ha poi immerso le registrazioni in un bagno di elettronica densa e avvolgente. Il risultato è stupefacente: un racconto della Thailandia come solo Steve Tibbets in studio con Thomas Koener potrebbe immaginare. Nessuno vi racconterà la Thailandia come Nimh. In this project, Giuseppe Verticchio explores the universe of ritualistic, primal, shamanic acoustic drones & traditional music from the east. The result communicates us the extasy. This album summons the divine nature, it's a real musical ceremony, a chant of the origins. The acoustic, ritual elements are perfectly mixed with a solid industrial, noisy ambient base. Consequently this is a rather unique, very personal musical experience that can be collected by ethnomusicologists and fans of dark ritualistic drones. The first composition reminds me stuffs written by the US 60s dream syndicate but it rapidly turns into more twisted, tormented, intoxicated perspectives, largely made of black noises and effects. The second track starts with a genial, incredibly transcendant acoustic instrumentation. The melody is progressively desintegrated, covered by evocative sounds and industrial parasites. A very strange, rare combination of sounds that can't be missed. Track 3 carries on the same schema with a duel between traditional instrumentation and ultimately creepy dronescapes. Spiritual and moody at the same time. The last track includes a variety of collages, an evocative tapestry of sounds from life street, boats, markets...The musical travel concludes with a sort of ethnographic cinema for the ears. The Missing Tapes contains really breathtaking and moving textures. An achieved fusion of styles and an essential purchase. L'uscita del nuovo atto di Nimh, "The Missing Tapes", rappresenta senz'altro capitolo poco assimilabile a quanto fatto sino ad oggi dal musicista romano. La componente etnica, esaltata da un utilizzo generoso di strumentazione autoctona e field recordings colti in loco, è infatti prevalente in un disco la cui premessa risale addirittura alla metà del decennio scorso con registrazioni effettuate da Verticchio in Thailandia, pur duellando nell'intero svolgimento del disco con a tratti ruvide ingerenze elettroniche, in cui sembra di poter dire che non si cerchi l'integrazione ma il conflitto, tra il secolare lignaggio degli strumenti Thai e la impassibile glacialità della tecnologia che in alcuni frangenti domina in assoluta solitudine con gravi umori in particolare in "Tape 3", tanto che il riuscito contrasto appare assumere un significativo valore simbolico dai tratteggi evidentemente drammatici. More excellent abstract music from Silentes' Minimal Editions offshoot. Nimh uses (most importantly) a series of field recordings taken in 1996, electronic manipulation and traditional Thai instruments to create a beautifully strange and otherworldly collection of long, hypnotic ambient tracks. Dark guitar textures mix with melodic and discordant layers to create a CD that's full of exotic intrigue and intense sounds. Superb. When Giuseppe Verticchio/Nimh sent me this new cd along with Hall of Mirrors' debut, warning me that it was something completely different, I thought it would be in the wake of previous recordings of his using ethnic (mainly Thai) instruments and field recordings from his several trips to the Thailandese area. My mind went to the sadly never repressed "Distant Skylines", or to "Entities", with Amir Baghiri (now available on Silentes); but I was only partly right. "The Missing Tapes" is an altogether more conflictual work, more about layering and juxtaposing than merging; which doesn't mean that it is a lazy cut&paste of traditional instruments and electronics (quite the opposite, actually). I just think that this time Giuseppe was interested in creating some discordant, more physical soundscapes, with a few more rough edges than in the past. "Tape 1" begins with a whirlwind of minimal Jackee (a 3-string instrument) plucking, soon devastated by a layer of distortion and fragmented voices. "Tape 2" has more monochrome string picking (this time it's a Tzeebu, a Thai banjo), but the ebbing underlying ambience is given by menacing low-end sinewaves, as if a helicopter was flying low over your head. The electronics take over in "Tape 3", with percussive synth sweeps merging with a filtered mouth-organ drone and acoustic Thon Chatri drumming. Finally, "Track 4" is pure phonography, as explained by the laconic liner notes ("boat, market, temple, village, beach"). As a whole, "The Missing Tapes" was quite a surprise, and a positively jarring album. It has a wild, almost psychedelic ethnic feel which could potentially appeal to anybody going crazy for trendy, and often inferior, neo-kraut/weird folk/psych projects (which obviously doesn't mean that Verticchio intended to create a niche-friendly work), rather than traditional ethno-ambient listeners. A quanto pare Andrea Marutti e Giuseppe Verticchio in questo periodo sono in splendida forma, o suppongo che stiano attraversando un periodo a dir poco florido visto che, oltre ad aver stampato del materiale in duo come Amon/Nimh e come Hall of Mirrors, stanno facendo uscire anche i rispettivi materiali in solo. La Silentes di Stefano Gentile butta fuori contemporaneamente sia un rework di Aube del lavoro di Verticchio/Nimh che l'originale composto dal musicista romano, e com'era facile aspettarsi si tratta di due dischi molto diversi. “The Missing Tapes” è un disco strano all'interno della discografia di Nimh anche se in realtà credo che da un altro punto di vista potrebbe rappresentare uno dei mille modi possibili in cui poteva svilupparsi il modus operandi di Verticchio. Se lo conoscete principalmente per le sue uscite ambientali sappiate che potreste rimanere spiazzati, certo ci sono elementi ambientali e componenti etniche come in altri suoi lavori in precedenza, ma miscelati ed assemblati in modo molto diverso dal passato. Il disco nel complesso sembra maggiormente un diario sonoro di un viaggio, cosa che per altro è, dato che in buona parte è stato registrato in Thailandia, quindi field-recordings a tappeto, ambientazioni urbane che fanno da collante e dalle quali emergono strumenti etnici, suoni, strati di sibili o drones o che da questi vengono inframezzate nelle pause fra un movimento della traccia e l'altro. Nonostante sia composto di quattro tracce ho trovato che la cinquantina di minuti di questo disco assomigli maggiormente ad un flusso continuo ed in questo oltretutto va di pari passo con l'essenza freak fino al midollo del lavoro. Se per alcuni il contrasto fra suoni ad alta risoluzione e registrazioni lo-fi di field-recordings e/o alcuni strumenti possono cozzare, in realtà credo che siano proprio la caratteristica più interessante del disco e quella che in un certo modo lo distanzi molto da certi lavori di etichette come la Alluvial che, seppur grandi, talvolta finiscono per risultare un po' freddi. Non credo che Nimh li ascolti o li annoveri fra le sue influenze, eppure questo disco si potrebbe trovare idealmente fra alcuni suoi lavori, del materiale etnico e certi Jackie O' Motherfucker o certi A Short Apnea, tant'è che un po' quello un po' la componente etnica indurrebbero a pensare che si tratti quasi di un disco molto psichedelico e quasi kraut a suo modo. Non si può certo parlare di psichedelia alla leggera, ma non mi stupirebbe di scoprire che piaccia a molti amici drogherecci o ad alcuni di quelli che "come suonavano negli anni 70 non ci suoneranno mai più...". Posto che la seconda categoria spesso mi fa pensare che se uno ama così tanto il passato potrebbe coerentemente trapassare per diventarne parte, pur non essendo un fanatico del vintage mi sono ascoltato con piacere il flusso di questo disco tanto da pensare che per quel che mi riguarda si potrebbe trattare del miglior disco solista che ho visto firmare da Nimh. A tratti ruvido e martellante, “The Missing Tapes” trova nella matassa grezza la sua essenza ed il suo calore/colore, nonostante ciò non si tratta di materia non lavorata, anzi, la manifattura c'è e si sente, molto semplicemente non è troppo invasiva, come sempre succede nei molti piccoli lavori artigianali ben riusciti. Ed eccolo il “The Missing Tapes” di Nimh, gli originali prontamente licenziati dalla Silentes per la collana Minimal Editions come il “Reworks Nimh Vol.1” di Aube. Riconosco queste quattro suites, a fatica ma le riconosco. Vi trovo la mano dell'autore mentre governa i suoni e i temi esoterici forgiati attraverso la moltitudine di strumenti elettronici e tradizionali come il jackee, lo tzeebu e il falu, vi riscopro infine il fascino obliquo di queste due danze minimali che modellano figure plastiche e atmosfere ovattate come in un gioco di ombre, luci, eco, armonie, ritmi e rumori che portano nei labirinti dell'esperienza ipnotica. Un crescendo ‘rovesciato' attraverso le sedi dell'inframondo, lungo percorsi la cui pronuncia viscerale fa sentire al centro del suono, fra luoghi indecifrabili e smarriti. Giuseppe Verticchio continua a sorprendere con lavori che, pur essendo spesso molto differenti tra loro, hanno in comune la caratteristica di essere tutti di qualità elevate. Questo “The Missing Tapes” si discosta decisamente dai dischi da me precedentemente ascoltati del musicista romano, essendo costituito da registrazioni ambientali sovrapposte a quelle di strumenti tradizionali tailandesi e, successivamente, rielaborate e mixate; le registrazioni originali fanno parte di diverse sessioni risalenti fondamentalmente al 1994 e al 1996 con successive aggiunte tra il 2000 e il 2005 e nuovamente riprese in considerazione e rimaneggiate nel 2005. Il CD in oggetto è strutturato in quattro lunghi brani, della durata che va dai nove ai sedici minuti, che appaiono come lunghi raga rivisti e filtrati dalla sensibilità di un musicista che ha scelto un percorso personale e a suo modo unico all’interno della musica a metà strada tra ambient e oscurità. Mi rendo conto del fatto che questo CD non è di facile ascolto e anche del fatto che potrebbe non essere apprezzato da coloro i quali sono convinti che, per essere valido, un lavoro di questo tipo debba contenere almeno una campana a morto; ma, bando ai luoghi comuni, qui si può trovare tanto materiale così interessante da far impallidire anche molti dei maestri del genere: se quello che si cerca è un CD da inserire facilmente in una vaschetta insieme a tanti altri, tutti uguali tra loro, sicuramente non è la scelta adatta; se invece si è alla ricerca di qualcosa di più personale e lungimirante, aperto ad influenze diverse dai soliti, pochi nomi, beh, quello di Nimh è un nome da tenere bene a mente. Recuperiamo per il suo valore anche quest’uscita del 2007 a nome Nimh, la creatura di Giuseppe Verticchio, del quale abbiamo recensito The Unkept Secrets del 2008, ma che abbiamo trattato pure in virtù delle sue collaborazioni con Andrea Marutti (Amon e Nimh hanno dato vita al disco Sator per Eibon Records, ma anche al progetto Hall Of Mirrors). A minor-scale sensation, the album collects four tapes, originally recorded 1994 in Thailand, and merges them with additional elements from 2000 and 2005. Verticchio plays a plethora of traditional Asian instruments, including 3-stringed Jackee, the Banjo-like Teebu, the “Khlui” (a Flute) and Falu (Mouth-Organ) - among others in long, apparently improvised meditations. "The Missing Tapes"; 3 lunghi pezzi su nastro registrati in origine tra febbraio e settembre del 1996 in Tailandia ed un quarto sempre in Tailandia nel 94, con l'aggiunta di nuovo materiale registrato tra il 2000 e il 2005. Qui siamo nel campo dei field-recordings catturati su barche, mercati, templi, spiagge e villaggi, con l'uso di svariati strumenti etnici. Ma a svettare su tutto sono gli oltre 15 minuti di "Tape 3" dove drones primordiali e abissali saturano la stanza d'ascolto fino ad impossessarsene. “The Missing Tapes" go all the way back to 1996, to studio sessions in Chaweng, and a little anthology of field recordings made two years earlier. "Tape 1" in particular captures the essence of what Nimh does best, as traditional instruments jackee, khlui and thon chatri (three-stringed instrument, flute and drum, respectively) are overcome by swarming electronics, overcome but not consumed as they surface and merge with Nimh´s howling drone. Its unadorned ending has an otherworldly acoustic, which carries on beautifully into the next track, which features a distinctively-pitched, three-string banjo struggling against radio interference.
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